10 esempi di best practice nel management

Best Practices in Management. The Plan-Do-Check-Act is one Best Practice
  1. 1-to-1 meeting settimanale
  2. Cross functional meeting
  3. Gestire le sessioni di apprendimento o “learnings”
  4. Uso della Delega
  5. Definizione degli obiettivi aziendali
  6. Performance review
  7. Escalation path
  8. Piani di crescita e sviluppo del personale
  9. “Bottom up” planning
  10. Uso delle Linee Guida

Cosa sono le “best practice” in azienda?

Possiamo definire le best practice come delle buone abitudini ovvero degli approcci metodologici all’esecuzione di attività o processi aziendali. Esempi di best practice possono essere molto varie e differenti da azienda ad azienda:

  • Chi sviluppa software potrebbe avere come best practice fare delle riunioni tra sviluppatori per definire come verrà scritto il codice prima di iniziare a scriverlo o fare una riunione di revisione del codice dopo che è stato scritto “peer review”.
  • Un’azienda che sviluppa di siti web potrebbe avere come best practice quello di far fare un test di usabilità del sito a persone non tecniche e al di fuori dell’azienda per vedere come gli utenti utilizzatori si comportano con l’interfaccia.
  • Un dipartimento risorse umane potrebbe avere come best practice quella di fare un sondaggio interno annuale tra tutti i dipendenti per verificare che i benefit e le agevolazioni proposte siano sempre in linea con le aspettative mutevoli dei colleghi.

Il contrario di best practice.

Ci sono d’altro canto dei comportamenti aziendali che sono all’estremo opposto delle cosiddette best practice, che possono influenzare negativamente il clima aziendale e che sono la testimonianza dell’assenza di una cultura aziendale “corporate culture”. L’utilizzo delle best practice in azienda, e quindi l’esistenza del termine “best practice” nel vocabolario aziendale, fa parte di quegli elementi della cultura aziendale che o esiste o si fa molta fatica a creare vedi anche il mio articolo Platone e la scienza del management.

Alcuni esempi di comportamenti incoerenti possono essere:

  • Non valorizzare le risorse interne per motivi legati alla politica dell’ufficio “office politics”. Promuovere persone e gestire promozioni sulla base di preferenze personali, amicizie e nepotismo.
  • Promettere di fare certe cose e non farle, mancanza del cosiddetto “walk the talk”
  • Implementare politiche che premiamo la presenza in ufficio anziché il risultato
  • Fare discriminazioni di trattamenti sulla base delle politiche dell’azienda “office politics” e non su criteri oggettivi e motivati
  • Avere ruoli e responsabilità poco chiare o non definite.
  • Tollerare comportamenti scorretti anziché correggerli

Avere in azienda abitudini o pratiche scorrette e non fare nulla per correggerle comporta la generazione di ambienti di lavoro tossici. Gli ambienti di lavoro tossici si autoalimentano attraverso circoli viziosi per cui tendono a rafforzarsi grazie al feedback positivo.

Tollerare comportamenti scorretti equivale ad approvarli. Ovvero se un comportamento scorretto non viene disincentivato e represso una volta scoperto, la persona che mette in atto il comportamento scorretto senza essere ripresa vedrà questo risultato come positivo e tenderà a replicare il comportamento scorretto. Questo è il meccanismo del feedback positivo.

Il ‘one to one’ settimanale

Il meeting one to one con i propri collaboratori e’ una cosa tanto semplice quanto utile.

Il one to one settimanale ha due scopi: il primo è discutere dell’andamento delle attività della settimana il secondo è avere un canale di comunicazione aperto con il proprio collaboratore.

E’ evidente che se non c’è una traccia delle attività in corso e se le attività in corso non sono chiaramente assegnate ad una persona il discorso non sta in piedi. In altre parole, come manager, non puoi chiedere un aggiornamento sulle attività in carico ad una persona se prima non hai dato una delega chiara e degli obiettivi alla persona.

Secondo punto, se non vuoi sentire quello che i tuoi collaboratori hanno da dire… beh il one to one non lo farai mai. Dopo facciamo un sondaggio.

Cross functional meeting

Il cross functional meeting è una riunione settimanale dei capi funzione che si trovano per un giro di tavolo di aggiornamenti e discussione di problemi.

L’avete mai sentito nominare? Non credo, ma se lavori in un’azienda italiana che lo fa ti prego scrivimi per segnalarmela, non si sa mai nella vita.

Anche il funzionamento del cross functional meeting, così come il 1:1 è molto semplice. Un gruppo di responsabili di funzione di varie funzioni e dello stesso livello +o- si trovano un una stanza e condividono quello che stanno facendo (in maniera sintetica) e i problemi che stanno riscontrando. Una cosa così civile in Italia non si è mai vista per due motivi primo che non si sa cosa sia un cross functional meeting e due perché tanto la gente alle riunioni ci va se c’ha voglia se no una scusa la trova.

Gestire le sessioni di apprendimento o “learnings”

Le sessioni di learning sono delle riunioni che vanno fatte a conclusione dei progetti per discutere cosa è andato bene e cosa è andato male.

Da questa riunione emergono delle attività che hanno performato bene e altre che hanno performato male. Quelle che hanno performato bene verranno conservate per essere replicate nei progetti futuri, mentre le attività che hanno performato male verranno analizzate ulteriormente per capire se qualcosa può essere migliorato e in caso negativo verranno scartate.

Facciamo un esempio: “stiamo organizzando un’attività promozionale per la Black Week e decidiamo di offrire uno sconto su una selezione di prodotti diversa per ogni giorno della settimana. Dopo la Black Week valutiamo i risultati e vediamo che le vendite sono andate in linea con l’obiettivo atteso e in più abbiamo migliorato anche i margini di guadagno.” In questo caso, dalla sessione di learnings, è emerso che l’attività realizzata per la black week è andata bene e potrà essere replicata, magari con delle variazioni, per future iniziative.

La Delega

Chiedere a qualcuno di fare qualcosa che non sia un semplice compito dandogli la responsabilità della cosa e accompagnandolo nel raggiungimento dell’obiettivo.

In Italia è praticamente proibito. Parlare di delega è già di per sé un segnale di disallineamento, un argomento scivoloso e alquanto sgradevole che inizia con la definizione di ciò che una persona dovrebbe fare per finire con il riconoscimento del merito di aver raggiunto un obiettivo nel caso. Praticamente eresia, ma più profanamente un atteggiamento sovversivo e intollerabile al management italiano. Piuttosto mi taglio le vene. Wink.

Tuttavia tra tutti quelli citati finora, in effetti la delega è una pratica manageriale complessa che richiede competenze nella gestione della stessa, competenze che ovviamente mancano in Italia.

Per approfondire: vai alla lezione gratuita le basi per una gestione efficace della delega.

Obiettivi

Ho lasciato il processo aziendale più importante per ultimo. La definizione degli obiettivi aziendali è il processo più importante perché è quello che guida il comportamento di tutti i dipendenti per l’anno di rieferimento.

Gli obiettivi aziendali dovrebbero stare in un numero che varia da 3 a 5 e dovrebbero essere validi per tutti i dipendenti. Ad esempio obiettivi quali la crescita del fatturato di X% o il miglioramento dell’EBIT da X a Y sono obiettivi che riguardano tutta l’azienda. Ma anche obiettivi quali migliorare la qualità del prodotto o della soddisfazione del cliente sono obiettivi che possono coinvolgere tutti i dipendenti. A cascata ogni dipendente dovrà adattare i tre obiettivi aziendali al proprio ambito lavorativo e declinarli nei propri obiettivi.

Altri esempi di obiettivi aziendali possono essere:

Crescita del X percento di fatturato mantenendo il livello di profittabilità attuale;

Creare un ambiente di lavoro più sostenibile e ridurre il tasso di turnover del 10%

Lanciare sul mercato due nuovi prodotti innovativi entro la fine dell’anno XX.

Ogni dipendente dovrà prendere questi tre obiettivi aziendali e declinarli per la propria area, necessariamente con il supporto del proprio manager di linea.

La performance review

La performance review è strettamente collegata alla definizione degli obiettivi individuali annuali della persona.

Sulla base di obiettivi di performance, che possono essere sia legati ai risultati aziendali sia ai risultati individuali, la persona riceve una valutazione sul grado di raggiungimento dei propri obiettivi.

Ad esempio

  • Raggiungimento obiettivi di performance aziendale: 100% se l’azienda ha raggiunto i propri obiettivi
  • Raggiungimento degli obiettivi di performance personale: 90% se l’individuo ha raggiunto i propri obiettivi lavorativi
  • Raggiungimento degli obiettivi di crescita e sviluppo personale: 100% se la persona ha completato il programma di formazione previsto per l’anno.

La valutazione delle performance va fatta durante l’anno in momenti prefissati ad esempio a ogni fine di trimestre (quarter).

Escalation

L’escalation è un processo che consiste nel portare al livello superiore una questione che non può essere risolta al livello a cui viene dibattuta, perché due manager di pari livello non riescono a trovare un accordo.

Immaginate che il direttore di produzione e il direttore logistico non riescano a mettersi d’accordo sul dove installare un nuovo magazzino. Se i due manager hanno lo stesso riporto di linea, essi parleranno con il loro comune capo per trovare una soluzione.

È molto semplice ed efficace, peccato che funzioni solo in un ambiente managerializzato dove il manager di linea di grado superiore interviene solo all’occorrenza nelle decisioni del management.

In un ambiente in cui il proprietario dell’azienda interviene in ogni singola decisione questo processo semplicemente non può esistere.

Il piano di crescita e sviluppo del personale

Il Piano di Crescita e Sviluppo del Personale è un documento strategico che definisce le azioni necessarie per far crescere professionalmente i dipendenti di un’azienda. È un investimento a lungo termine che mira a migliorare le competenze, le conoscenze e le abilità dei collaboratori, allineando le loro aspirazioni con gli obiettivi aziendali.

Perché è importante?

  • Aumenta la soddisfazione dei dipendenti: Quando i dipendenti vedono che l’azienda investe in loro, si sentono più valorizzati e motivati.
  • Migliora la performance aziendale: Collaboratori più competenti e motivati portano a risultati migliori.
  • Riduce il turnover: Un piano di sviluppo ben strutturato aiuta a trattenere i talenti all’interno dell’azienda.
  • Promuove l’innovazione: Dipendenti con nuove competenze sono più propensi a proporre idee innovative.

Esempi di attività formative:

  • Corsi online: Offrire l’accesso a piattaforme di e-learning per acquisire nuove competenze.
  • Workshop interni: Organizzare workshop tenuti da esperti interni all’azienda.
  • Mentoring: Assegnare a ciascun dipendente un mentore per guidarlo nella sua crescita professionale.
  • Coaching: Fornire un supporto personalizzato per superare le sfide e raggiungere gli obiettivi.
  • Partecipazione a conferenze: Inviare i dipendenti a eventi di settore per aggiornarsi sulle ultime novità.

Il “bottom up planning”

Il bottom-up planning è un approccio alla pianificazione strategica che parte dai livelli più bassi dell’organizzazione (come i singoli reparti o i dipendenti) per poi salire verso l’alto, fino a raggiungere la direzione aziendale. In altre parole, è un metodo che coinvolge attivamente tutti i membri dell’organizzazione nel processo decisionale.

Come funziona?

  1. Inizio dai reparti: Ogni dipartimento o unità operativa identifica i propri obiettivi, le proprie sfide e le risorse necessarie per raggiungerli.
  2. Aggregazione delle informazioni: Le informazioni raccolte dai vari reparti vengono consolidate e analizzate a livello aziendale.
  3. Definizione degli obiettivi strategici: Sulla base delle informazioni raccolte, la direzione definisce gli obiettivi strategici dell’azienda, tenendo conto delle esigenze e delle proposte provenienti dai reparti.

Vantaggi del bottom-up planning

  • Maggiore coinvolgimento: I dipendenti si sentono più coinvolti e motivati quando hanno la possibilità di contribuire alla definizione degli obiettivi aziendali.
  • Informazione più dettagliata: Le informazioni raccolte dai reparti sono spesso più dettagliate e accurate rispetto a quelle ottenute attraverso un approccio top-down.
  • Flessibilità: Il bottom-up planning permette di adattare i piani strategici alle esigenze specifiche di ciascun reparto.
  • Innovazione: Coinvolgendo i dipendenti a tutti i livelli, si favorisce la nascita di nuove idee e soluzioni innovative.

Svantaggi del bottom-up planning

  • Tempi più lunghi: Il processo di raccolta e analisi delle informazioni può richiedere più tempo rispetto a un approccio top-down.
  • Difficoltà di coordinamento: Coordinare le informazioni provenienti da diversi reparti può essere complesso.
  • Rischio di obiettivi non allineati: Se non ben gestito, il processo potrebbe portare alla definizione di obiettivi non completamente allineati con la strategia complessiva dell’azienda.

Quando utilizzare il bottom-up planning?

Il bottom-up planning è particolarmente efficace quando:

  • Si desidera aumentare il coinvolgimento dei dipendenti.
  • Si ha bisogno di informazioni dettagliate sulle esigenze dei reparti.
  • L’azienda è caratterizzata da una forte cultura partecipativa.
  • Si vogliono favorire l’innovazione e la flessibilità.

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